Cari fratelli e sorelle,
cari giovani,
è con grande gioia e un po’ di trepidazione che vi ho raggiunti qui a Panama per camminare con voi, i vostri sacerdoti, i religiosi, le religiose, i vostri vescovi ad ascoltare insieme la parola del Santo Padre: insieme.
Insieme
È stato questo il grido fin dall’inizio del Sinodo dei giovani voi cari ragazzi, con i vostri sguardi, con le vostre persone gridate il desiderio e l’esigenza di sentirsi vicini, di essere gli uni compagni di viaggio degli altri, come in una carovana solidale, un pellegrinaggio gioioso. Mai dimenticherò l’esperienza che ho fatto con molti di voi nel mese di agosto. Porto ancora nella mente e nel cuore impresse le immagini del Circo Massimo e di Piazza San Pietro. E sicuramente, per quelli di voi che erano presenti, si tratta di immagini e ricordi che si portano per tutta la vita.
Amici, la Chiesa è fatta per essere insieme, per essere corpo, per essere comunione. Comunione che ci lega con Cristo e fra noi. Comunione che ci fa solidali con tutte le creature che vivono in questo mondo, specialmente i poveri, gli emarginati, i pro-fughi, coloro che Papa Francesco chiama gli “scarti” della società. Il Santo Padre, prima di partire per Panama, ha invitato un gruppetto di loro a partecipare alla Santa Messa a Santa Marta. È un gesto che parla da solo. Lo dicevo dianzi, quelle che vivremo insieme saranno giornate di amicizia intensa, di comunione consolidata.
Quante mani da stringere. Quanti amici da abbracciare. Quanti passi da fare in-sieme, «mischiandoci, incontrandoci partecipando a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità» (EG 87). Godetevela, cari ra-gazzi, questa opportunità di Grazia che vi viene concessa.
Uscire
La parola che questa mattina abbiamo spezzato insieme ci ha raccontato di Samuele, della sua disposizione ad ascoltare la voce del Signore e del suo entusiasmo a ri-spondere alla chiamata perché la parola ascoltata potesse diventare vita della sua vita.
Ma c’è un pericolo di cui ci ha parlato Gesù nel Vangelo di Marco che abbiamo appena ascoltato: è possibile che il cuore sia duro, come quello dei farisei e degli ero-diani, che non sono pronti ad accogliere una novità, stanno rigidi e fissi nei loro luoghi.
Mi verrebbe da dire che l’uomo aveva una mano inaridita, ma quelli attorno a lui soffrivano di un male maggiore e più terribile. Avevano il cuore inaridito, avevano la fede inaridita. Uno malattia che si chiama “sclerocardia”, indurimento del cuore: una durezza che può colpire il cuore, gli affetti, i pensieri, le azioni.
Cari amici, abbiamo attraversato l’Oceano, dieci e più ore di volo, poche ore di sonno dicono che per voi non è così! Che il vostro è un cuore aperto, desideroso di ascoltare, di vedere, di cercare. E questa è una disposizione bellissima, importante, molto feconda: sono sicuro che il vostro cuore è aperto e invoco insieme a voi lo Spi-rito Santo perché venga a seminare quella parola che diventerà la vita della vostra vita, la vita in pienezza, la vostra vera felicità (SS 11).
Il vostro è un cuore aperto perché ha scelto di mettersi in cammino per andare in-contro agli altri: e uscire da se stessi, fa molto bene! (EG 87). Sfruttate le occasioni di questi giorni, non soltanto per rimanere alla superficie delle relazioni – il nostro tempo non ci allena allo spessore delle cose, ci fa correre e consumare tutto velocemente – ma voi, azzardate la profondità!
Parlatevi gli uni gli altri di Gesù, della vostra fede, dei dubbi e delle domande, del-le certezze che avete raggiunto. Chiedete agli altri giovani che incontrerete, a chi viene da paesi lontani, chi vive o ha vissuto l’esperienza della guerra, della povertà, che abita luoghi in cui la fede cristiana è in minoranza, non perdetevi in sciocchezze, andate in profondità. La fede è vera soltanto se è condivisa, sfruttate questa occasione unica!
Guarire
In questi giorni sui vostri volti c’è tanta luce che somiglia a quella del sole forte di questo Equatore. Ma, allo stesso tempo – e lo avete meditato questa mattina – ognuno di noi sa di essere abitato anche da quella ferita, quel dolore, quelle resistenze che gli impediscono di prendere decisioni o giocarsi fino in fondo, che rendono difficile o impossibile la vita.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù guarisce un uomo dalla mano inaridita. Anche le nostre mani somigliano alla mano di quest’uomo! Anche noi, come lui, sappiamo bene di aver bisogno di essere guariti. Qualcuno forse potrà dire di no, che la sua vita trascorre serena, felice, senza intoppi ma quando si tratta di amare, ecco vedersi rattrappire la mano, incapace di dare, accogliere, perdonare. Qualcun altro conosce bene le ferite che da solo si è procurato o altri gli hanno inferto, così per rabbia o per difesa ha imparato a serrare la mano che è diventata un pugno.
Nessun timore, accade così per tutti noi. I nostri gesti spesso non sanno fare il be-ne, le nostre mani feriscono, allontanano, si chiudono, vogliono prendere solo per sé, bramano trattenere, finiscono per colpire. C’è bisogno che le nostre mani vengano guarite perché possano imparare ad allargarsi, distendersi: perdere la forma infantile del pugno per assumere quella del palmo. «Tendi la mano!», forza! La tua vita è fatta per amare, c’è qualcuno che ti aspetta! Coraggio!
Gesù
Guarda le mani di Gesù! La prima lettura ci ha detto una cosa importante; anche se con un linguaggio non troppo immediato ci ha annunciato che noi facciamo fatica a entrare in contatto con Dio, che non sappiamo neanche bene chi sia; che ce lo immaginiamo – aggiungo io – in molti modi differenti e che spesso, soprattutto quando la partita si fa dura, ne abbiamo anche timore.
Eppure, abbiamo un collegamento, una strada aperta, un ponte, una porta spalancata. Non tanto per arrivare fino a Dio, no… Quanto per lasciar arrivare lui da noi. Questo grande ponte – ancora più grande di quello sul quale staremo in questi giorni per le celebrazioni con papa Francesco – è Gesù.
Guardate le sue mani, sono quelle del Padre e ciò che fanno è quello che Dio vuole fare con voi. Guardate le mani di Gesù che guarisce, solleva, spezza il pane, indica la via, invita alla sequela, libera dal male, perdona i peccati. Ascoltate se in voi sorge un semplice desiderio, come un’inquietudine e rispondete: “sai che ti dico, Signore? La mia vita, vorrei metterla nelle tue mani!”.
Gualtiero Card. Bassetti
Panama, 23 gennaio 2019